Minacciati dai jihadisti, soffrendo la fame e la sete, in Iraq migliaia di yazidi tentano di sopravvivere sotto il caldo opprimente. La presa di Sinjar da parte dello Stato Islamico, il 3 agosto, ha spinto alla fuga circa 200mila civili, secondo l’ONU. Oltre ventimila yazidi sono ancora intrappolati sulle aride montagne circostanti.
Una deputata yazidi, Vian Dakhil, è diventata il volto di questa comunità dopo aver lanciato un appello straziante durante una sessione del parlamento a Baghdad. “Fratelli, dimentichiamo le dispute politiche, noi vogliamo solidarietà umana. Parlo qui a nome dell’umanità. Salvateci, salvateci! Veniamo massacrati, sterminati. Stanno cancellando la nostra religione dalla faccia della terra. Vi supplico, in nome dell’umanità, salvateci!”.
Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, circa 35mila yazidi sono riusciti a lasciare le montagne e a raggiungere il governatorato di Dohuk in Kurdistan. Alcuni attraversano la Siria per poter entrare nella regione autonoma irachena. Pochi sono quelli che oltrepassano la frontiera con la Turchia.
Gli yazidi sono una delle popolazioni più antiche della Mesopotamia, la loro religione sincretica ha oltre 4000 anni e affonda le proprie radici nello Zoroastrismo, accoglie elementi dell’Islam e del Cristianesimo. Di lingua curda, gli yazidi sono circa 600mila in Iraq e contano comunità tra l’altro in Russia, Georgia, Germania. Considerati “adoratori del diavolo” per la loro fede in un angelo decaduto aiutante del loro dio unico, sono stati perseguitati più volte nel corso della storia, come sotto l’Impero Ottomano. Nel 2007 sono stati bersaglio di diversi attentati con camion bomba, opera di Al Qaeda in Mesopotamia.
La loro esistenza in quanto gruppo etnico e religioso è stata dunque sempre minacciata. Di recente la nuova costituzione irachena ha riconosciuto il loro culto. Adesso, per salvarli dallo Stato Islamico si mobilita la comunità internazionale con aiuti per via aerea, per il momento ancora insufficienti.